| Forse Alessia Fabiani, perché famosa,ha subito un trattamento diverso. Chissà? |
Susanna si trova il 14 dicembre scorso a discutere la sua tesi di laurea specialistica in sociologia presso l'Università La Sapienza di Roma. È stata molto brava, perché il percorso dei due anni se l'è fatto in due anni. Perché mentre, finiti gli esami a luglio, seguiva lo stage formativo e si faceva una bella esperienza, diciamo, per non colorire troppo il discorso, a gratis presso il centro di ricerca che le ha garantito i crediti richiesti dall'università, la tesi la stava preparando nei tempi previsti. E l'ha discussa senza nemmeno sforare l'anno venturo.
La preparazione e la stesura della tesi, quando lo studente ci tiene, richiedono un lavoro certosino e tanta pazienza, e nervi saldi, nonché passione e voglia di fare. E speranze, mettiamocele, perché è vero che solo dopo ti rendi conto che la tua tesi vale e non vale, in base a come ti dice la fortuna. Comunque. Il periodo di preparazione stressa, certo, lavorare nei campi è più faticoso, ma è pur sempre un'esperienza, uno step importante nella vita di chi si laurea, che forse merita un tantinino di considerazione nel momento di discussione. Sì, se ne laureano un milione l'anno e i prof non sono più impressionabili, e la tensione è tutta dello studente, ma è vero anche che di docenti al mondo ce ne sono una marea e la maggior parte di essi si sente molto importante pur proponendo per anni lo stesso piano di studi.
Susanna, prima in ordine alfabetico nella mattinata nella seduta di laurea, arriva trafelata alle 9:08 all'università vestita di tutto punto, col suo librone bianco sotto braccio, col cuore a mille e corre verso l'aula dove si terrà la discussione. Sì, perché l'ha chiamata la sua collega di corso romana, che l'aspettava lì, per assistere all'evento, dicendole: "Guarda che ti hanno chiamata ora!". Il padre di Susanna e il suo ragazzo stanno parcheggiando. La madre e la sorella la seguono di corsa. Susanna arriva davanti all'aula, l'amica la spinge dentro al volo, ed entra dietro di lei con le altre due che col fiatone cercano di non perdersi l'evento. La commissione è solo a metà. La relatrice legge il titolo e introduce Susanna, che inizia a raccontare. Tutto questo mentre altri membri della commissione, in modo rumoroso e molto maleducato, continuano ad arrivare e a sedersi. La correlatrice, senza un filo di voce, ferma il discorso di Susanna e le fa due domande. Susanna inizia a parlare, ma col viavai che c'è sotto nessuno o quasi l'ascolta. Uno dei membri ritardatari si siede e dice a Susanna: "Staremmo ad ascoltarla per ore, ma purtroppo siete in molti e non abbiamo il tempo. Si accomodi pure". Susanna esce, aspetta, intanto il padre e il fidanzato sono arrivati e l'aspettano fuori dalla porta, rientra, viene proclamata dottoressa, e fine della storia. Ore 9:18. Incazzata per non essere riuscita a connettere nemmeno un momento e per non essersi goduta nemmeno un po' di sana ansia del pre-chiamata.
Tutto ciò corredato dal dispiacere di chi non è riuscito a entrare in tempo per vedere la sua figliola/fidanzata laurearsi.
Non c'è molto altro da aggiungere, io direi solo a questi emeriti docenti che il trattamento sarebbe stato diverso se quella mattina a laurearsi ci fosse stata una delle loro figlie. È vero che la tesi non è tutto nella vita di una persona, ma è giusto che quella persona si goda il momento che le spetta. In fin dei conti, sono stipendiati dal Ministero o dall'Università stessa quand'è privata, perché sono gli studenti a dar loro lavoro.
Un minimo di rispetto ci vuole sempre. Quella commissione è un piccolo Parlamento, una piccola Italia, c'è sempre chi, da una parte, si fa il mazzo e chi, dall'altra, campa di rendita, sicuro del culo caldo sulla sedia.
Ah: e complimenti a Susanna per il suo bellissimo e strameritato 110.
Sottoscrivo e temo. Temo per la mia discussione a febbraio. Anche se fuoricorso, un minimo d'attenzione la meriterei. Ma è certo che non sarà così.5 minuti massimo per raccontare mesi di scrittura. -___-
RispondiEliminaLuna
Innanzi tutto grazie per il tributo! Sei stata troppo carina! :) Ciò premesso questo tuo post apre a diversi spunti di riflessione, più o meno personali che siano. Da protagonista della "sfortunata" discussione affermo che, a poco più di due settimane dall'evento, la cosa mi brucia ancora. E parecchio. Sarà solo un episodio della mia vita, per carità, però tra dieci anni questo ricordo non sbiadirà. Avrò dimenticato i nomi dei professori, quelli dei compagni di corso che in questi due anni ho conosciuto, ma non potrò mai dimenticare la rabbia e la delusione che hanno seguito quei dieci minuti di discussione, l'espressione triste di mio padre che non è riuscito ad assistere e il "praticamente sono venuto a fare l'autista!" di Marco. Si lavora sodo per quei dieci minuti di gloria e vorresti almeno condividere la gioia con i cari. Invece, questa volta non è stato così.
RispondiEliminaAnche perché parenti ed amici sono gli unici a cui importi veramente qualcosa. Per i docenti si tratta solo di un'incombenza da sbrigare il più velocemente possibile. Questo però non dovrebbe andare a discapito del buon senso, del rispetto e dell'educazione. Avrei preferito avere davanti dodici volti apparentemente interessati al mio discorso anche se poi ognuno tra sé e sé pensava ai fatti propri, piuttosto che quel via vai continuo sinonimo di mancanza di rispetto pura! Io mi domando: ma questi emeriti professori non si ricordano che un tempo sono stati studenti anche loro e che, alla stregua di chiunque, hanno vissuto le angosce e le gioie della vita universitaria? E anche se l'hanno dimenticato, non si aspettano in ogni contesto quotidiano rispetto e buona educazione?! Io li inviterei a farsi un esame di coscienza e ad ammettere a loro stessi che quel lavoro non li gratifica più, che si sono stancati, e a farsi da parte per lasciare il posto a più giovani ed entusiasti individui che hanno la voglia ed il diritto ad un posto di lavoro meritato e che, magari, quel ruolo lo ricoprirebbero molto meglio.
E qui si apre tutta un'altra parentesi: troppo comodo stare con il culo sopra la sedia e uno stipendio fisso. Troppo bella la gloria di essere, nel loro piccolo, qualcuno!
Hai ragione tu, l'università è lo specchio della nostra nazione. Un paese per vecchi dove ci sono figli e figliastri. Dove quello che conta è il proprio benessere anche a discapito dell'altro. Dove non conta quello che fai ma chi sei (e qui mi domando e dico: ma a chi importa se Alessia - che hai fatto nella vita per essere famosa - Fabiani si è laureata? I giornalisti possono spendere tempo e denaro per questi articoli di merda!).
Tutto questo mi porta a concludere che negli ultimi due anni mi sono data tanto da fare per riuscire, per quei dieci miserabili minuti di gloria(che non c'è stata), per avere in viso quel sorriso a 250mila denti dato dalla gioia smodata che si prova quando si viene proclamati (che non c'è stato) e invece resto con l'amaro in bocca e con la sensazione di essermi data da fare solo perché andava fatto, perché questo era il mio dovere di studentessa.
E tanti cari saluti.
Non ho nemmeno le foto ricordo perché ero talmente incazzata che il fotografo ufficiale non si è nemmeno avvicinato. E se questa è l'università italiana non so davvero cosa aspettarmi dal mondo del lavoro!
Susy