lunedì 4 giugno 2012

Degli stupefacenti esatti opposti di me

Sono un ibrido, a metà fra umano e animale ectotermo, a sangue freddo, appunto. Anche se il mio sangue freddo lo applico alle situazioni altrui più che a me stessa. 
Dopo l'ultimo episodio di tamponamento a catena, mi scopro troppo calma, almeno all'apparenza, e forse un po' cinica.
Chi guida spegne la macchina. Dopo aver percepito cinque colpi sordi, di cui l'ultimo mi sbatte con la testa al sedile duro, mi spengo io. Scendo. E mentre c'è chi piange, chi si incazza, chi urla e chi perde la pazienza, chi si preoccupa di dire "Stai bene?" o di chiamare un'ambulanza, mi scopro totalmente estromessa dalla situazione, a trovare il lato buono della cosa e, appurato che i passeggeri a bordo con me non hanno problemi, a dire "Poteva andare peggio, tanto ci ripagano, siamo i primi della fila". Le sensazioni corporee si spengono, per fortuna sto sulle mie gambe, ma tutto inizia a succedere intorno a me senza che io partecipi a niente. In un mormorio di voci, suoni, fischietti, frasi che si rincorrono, clacson, io continuo a dire solo "Poteva andare peggio, tanto ci ripagano. Quei deficienti lì dietro si sono distratti, e guarda che hanno combinato", senza partecipare all'accaduto. Tutto scorre ma ci pensano gli altri. Per una mezz'ora buona continuo a vivere in un mondo ovattato, continuo a essere lucida come se non fosse successo niente, anche se il trauma c'è e le mani mi tremano un po' per la paura. E mi isolo dal resto, pensando solo alle bestioline che si attaccano alla mia pelle. Mentre tutti ipotizzano le colpe, le cause dell'accaduto e mi fanno domande a cui rispondo automaticamente, perché le conclusioni del fatto già le conosco e non mi va di dover spiegare a chi è lì con me cosa succede e succederà, penso che questo maxitamponamento potrebbe essere una buona notizia con foto, e senza farmi scrupolo alcuno comincio a fotografare, poi cerco il numero della redazione della provincia che fa capo all'editore per cui scrivo abitualmente e chiedo se serve un pezzo. "Sono una collega di Terni, vi interessa? Foto? Rigaggio?". Perché nelle piccole città il botto multiplo fa sempre vendere. Chiedo, guardo e scrivo. Le mille battute le faccio a braccio, perché usando il cellulare non posso contarle, e spero che la batteria duri il necessario per inviare anche la foto. Spedisco tutto. Nel frattempo, memorizzo nozioni, incamero notizie, fornisco i miei dati, controllo che tutto sia sotto controllo. Sono passate quasi due ore e sono vispa, sarà l'adrenalina in corpo, ma non mi scompongo. Una delle ragazze a bordo con me mi dice: "Certo che tu sei un tipo che sa davvero mantenere la calma. Io al posto tuo avrei dato fuori di testa". Non ha proprio ragione, le rispondo che non è proprio così, anche se in effetti chiunque mi conosca, tranne qualche raro soggetto, mi attribuisce una atteggiamento di calma rassicurante. Tra poco si riparte, e ora sì che mi accorgo che il colpo di frusta ha fatto danni, e inizio ad accusare il colpo. Nel viaggio di ritorno, poco meno di un'ora, fino alla pizzeria, poi a casa, il silenzio totale, e i cinque colpi che mi rimbombano nella testa. 
"Mi piaci molto, Noemi, con questa tua calma quasi buddista", mi hanno detto una volta. "Tu sai di casa", mi diceva una compagna di università che ha origini pugliesi. "Sei rasserenante, infondi tranquillità", mi sento ripetere spesso. 
In effetti sono brava a far mantenere la calma e a mantenerla nel momento del bisogno, ma non sono mica davvero un animale a sangue freddo. Prima o poi passa e nel frattempo ho somatizzato tutto l'accaduto, e me lo porto dentro per un bel po'. Come il tamponamento e i cinque colpi che sento ogni cinque minuti, come i giramenti che escono tutti insieme, come le parole non dette che poi alla fine escono al momento sbagliato e con poca diplomazia. O quando come pochi giorni fa rischio di mozzarmi la punta del mignolo, e per non far preoccupare mia madre faccio la forte, mentre il sangue cola a rivoli, finché non mi mette un bel cerotto che copre il tutto, per poi farla preoccupare il doppio arrivando a un passo dallo svenimento perché nel mio cervello il concetto di aghi e sangue umano non ci stanno.
E vedo da fuori queste scenette di me, che mi lasciano allibita, a bocca spalancata, perché dentro e fuori sono due persone completamente opposte.